Torino, corteo NO CPR

Forse è la prima volta. La prima volta che una manifestazione contro le prigioni per migranti si svolge in centro. In questi ultimi 24 anni, quando, nel giugno del 1999, venne aperto il CPT in corso Brunelleschi, cortei e presidi hanno avuto come fulcro questo carcere dove i reclusi arrivano senza essere passati da un tribunale. È la prigione amministrativa, pensata come anticamera della deportazione per chi, secondo le leggi italiane, non ha le carte in regola per vivere nel nostro paese.
Questa prima volta ha una buona ragione. Dai primi giorni di marzo quello che oggi si chiama CPR è chiuso, perché distrutto dalle rivolte di febbraio.
Ma il governo è deciso a riaprirlo al più presto.
Da circa due mesi una ditta, l’Operosa, sta lavorando oltre le mura ed il filo spinato per ristrutturarlo.
Si tratta di un’azienda molto attenta all’immagine, che descrive la propria offerta “etica”, all’insegna della responsabilità sociale e ambientale. Il solito minestrone green, pink, blu per coprire con chiacchiere e bei colori il lavoro sporco che stanno facendo.
Bloccare la riapertura del CPR è l’urgenza che ha spinto una diversificata rete di associazioni, assemblee, gruppi e singoli a promuovere un corteo e un’assemblea nazionali per il primo fine settimana di luglio.
La manifestazione, circa trecento persone, dopo una lunghissima sosta in piazza Castello, si è mossa lungo i giardini reali sino al Po e a piazza Vittorio, per concludersi al Valentino.
Prima della partenza del corteo dalle impalcature per la ristrutturazione di Palazzo Madama è sceso un grande striscione con la scritta “CPR=lager. Blocchiamo Stato ed aziende”.
In corso San Maurizio, sui fili del tram è stato issato un telo con la scritta “La polizia uccide. Vendetta per Nahel”; all’ingresso del ponte della Gran Madre è stato messo “CPR, lager di stato si chiudono con il fuoco”.
Tra interventi e slogan la manifestazione si è conclusa all’arco del Valentino.

La strada per chiusura dei CPR è ancora lunga e tutta in salita. Il governo intende tirare dritto con la complicità attiva delle opposizioni, che si limitano a denunciare qualche “eccesso” per provare a salvare la faccia.
È in salita, perché in questi 25 anni è diventato “normale” che qualcuno possa essere privato della libertà e poi deportato solo perché pover* e, quindi, senza il pezzo di carta che rende liberi”.
Una normalità terribile, la stessa di cui parlava Hanna Arendt, la stessa che ha reso possibile deumanizzare e sterminare milioni di persone, suscitando il plauso dei più.
Come diceva un ministro di questa Repubblica chi si imbarca con i figli su una carretta stracolma è responsabile della loro morte.
Chissà? Anche chi in questi anni ha visto tornare in una bara i propri cari morti al CPR di Torino avrebbe dovuto fermarli, impedire loro di partire, tenerli a casa nella miseria e nella rassegnazione.
Anche Macron vorrebbe che i ragazzini che stanno incendiando caserme, commissariati, municipi venissero tenuti a casa, soffocando la rabbia per la morte di un ragazzo come loro, ucciso a sangue freddo da un poliziotto.
Sono ragazzi che non si rassegnano alla normalità della violenza di stato.
Anche nel nostro paese c’è ancora gente capace di indignazione, capace di unirsi a chi brucia le proprie prigioni per liberare tutt*.
Il tempo è ora. Non c’è un domani.

Di seguito il testo del volantino che abbiamo distribuito al corteo:

“No CPR, No frontiere, No deportazioni
Senza stati né confini nessuno è clandestino

Il CPR di Torino è chiuso. Per la prima volta dal lontano 1999, quando i senza documenti erano rinchiusi in container gelidi d’inverno e bollenti d’estate, le rivolte scoppiate in febbraio hanno reso del tutto inagibile una struttura raddoppiata e costruita in muratura nel 2008. Quella di Torino era una delle quattro prigioni amministrative che non avevano mai chiuso i battenti, anche quando l’infuriare delle rivolte portò alla paralisi quasi totale la rete dei Centri.
Le lotte di quest’inverno sono state un momento importante di un conflitto durissimo, costato carcere, spostamenti punitivi, botte e deportazione a tantissimi reclusi nell’arco di 25 anni.
Il governo è tuttavia deciso a riaprirlo al più presto, magari dopo aver provveduto alla ridefinizione degli spazi detentivi e di controllo.

I CPR sono un importante ingranaggio della macchina delle espulsioni, necessaria a mantenere intatta la fama di intransigenza verso i “clandestini” di cui si fregia ogni governo.
Le vite intrappolate nei CPR, sospese negli hotspot, in bilico tra carte da bollo e quotidiani abusi di polizia partono da lontano, in terre dove il neocolonialismo, lo sfruttamento delle risorse, le guerre fanno il deserto.
Da anni i governi provano a spostare le frontiere sempre più lontano, in Libia, in Niger, nel Sudan, stringendo accordi con governi e milizie paramilitari perché facciano il lavoro sporco, respingendo e imprigionando la gente in viaggio.
Il Mediterraneo è divenuto un enorme sudario che copre le vite di decine di migliaia di persone morte in mare perché nessuno le soccorre. Chi lo fa, come le navi delle ONG, viene criminalizzato, multato, bloccato.
Alle frontiere est e ovest del Belpaese i migranti muoiono sui valichi alpini o travolti da un treno in galleria, mentre chi ha le carte “giuste” nemmeno vede la frontiera. Le frontiere sono divenute confini mobili su cui si misura l’esclusione verso i poveri.
Le frontiere sono linee fatte di nulla su una mappa: diventano vere solo quando ci sono truppe armate a sorvegliarle, selezionando chi può passare e chi no.

La legislazione sull’immigrazione nel nostro paese ha delineato una rottura dell’ordine liberale, configurandosi come “diritto amministrativo del nemico”. Con “diritto del nemico” si intende un corpus legislativo, per cui alcuni gruppi umani (stranieri, sovversivi, fuori norma, folli, disabili) vengono perseguiti per quello che sono e non per quello che fanno.
Nel nostro paese si è clandestini per legge. Entrare “legalmente” è impossibile: per avere il permesso di soggiorno serve un contratto di lavoro firmato nel paese d’origine. Quanti padroni conoscete che assumono a scatola chiusa un lavoratore mai visto, in un paese a migliaia di chilometri dall’Italia?
Nessuno di quelli che arrivano ha le carte in regola. Chi incappa in un controllo prende il foglio di via, se viene ripescato finisce al CPR.
La storia dei CPR – un tempo CIE e prima ancora CPT – è storia di rivolte, fughe, pestaggi, scioperi della fame, gente che si taglia, altri che si cuciono la bocca. I CPR italiani sono stati distrutti e ricostruiti più e più volte.

I CPR sono, con le carceri, discariche sociali nelle quali vengono rinchiusi quelli che non si sono adattati, quelli inghiottiti dalla strada, i ribelli, gli scarti da eliminare alla fine di un processo che comincia nei paesi d’origine.
Partono i più giovani, i più sani, quelli che hanno reti familiari in grado di offrire le risorse per intraprendere un viaggio che può durare anni. É la prima selezione. Chi sopravvive al viaggio, alle torture e agli stupri nei lager libici, ai pestaggi sulla rotta balcanica, deve affrontare la vita clandestina in Europa.
Tutt* lavorano in nero, senza possibilità di affittare una casa, avere un medico, immaginare un futuro. Chi, dopo anni, riesce ad avere un contratto è sempre sotto ricatto, perché se non si piega al padrone e perde il lavoro, perde anche i documenti che lo rendono “legale”.
Ad ogni tappa di questo feroce gioco dell’oca, qualcuno non ce la fa e finisce negli ingranaggi della macchina delle espulsioni.
Il mancato accesso ai diritti di cittadinanza finisce con il declinarsi in negazione dei diritti umani. In realtà “i diritti umani” sono solo la cartina di tornasole che rende visibile l’esclusione di tanta parte di coloro che vivono su questo pianeta. Un’esclusione non tanto dai diritti, ma dallo stesso consesso umano.
Farla finita con la clandestinità, i morti in viaggio, le prigioni per migranti significa farla finita con stati, frontiere, eserciti, padroni, sfruttamento.
Significa farla finita con un’ordine del mondo intollerabile. ”

Federazione Anarchica Torinese
Assemblea Antimilitarista
Corso Palermo 46
Riunioni – aperte agli/le interessat* -ogni martedì alle 21

Qui qualche immagine della giornata:

www.anarresinfo.org

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